LE CONSEGUENZE DELLA PANDEMIA
Problematiche sociali  |  09 Gennaio 2022 9:54  |  Visite all'articolo:1558  |  A+ | a-
 Corriere.it
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di  GIUSEPPE PIEMONTESE*

L’attuale situazione pandemica mi porta a far delle riflessioni sulla nostra società contemporanea, ma soprattutto sui rapporti che oggi intercorrono fra le nazioni che governano il mondo. Una pandemia che ha messo in evidenza la fragilità dell’uomo contemporaneo, ma anche altri aspetti riguardanti più in generale la società di oggi che fa capo a diversi Stati, che hanno paura di non riuscire a creare una società più giusta ed uguale. Una società dell’incertezza, in cui i vecchi valori di giustizia, di uguaglianza, di democrazia, di solidarietà sono messi in crisi, in maniera tale da creare un clima di intolleranza e, quindi, di grande paura nel domani. Sensazioni che, oggi, ritroviamo in diversi autori non solo di romanzi, ma soprattutto sociologi ed economisti, i quali mettono in discussione il nostro sviluppo legato al capitalismo e quindi alla globalizzazione. Autori che fino a ieri avevano elogiato il liberismo, con una totale fiducia nel proprio domani, ma soprattutto nella capacità dell’uomo di determinare il proprio destino dubbioso in un futuro di speranza, di progresso e di solidarietà. Del resto è sotto gli occhi di tutti lo stato di tensione fra gli Stati, come la Cina, la Russia, gli Stati Uniti, i paesi islamici, l’Europa, i cui paesi non hanno più la forza di far sentire  la loro voce basata su saldi principi di democrazia e di giustizia sociale. Quindi, crisi della democrazia, ma soprattutto crisi del pensiero che diventa crisi identitaria, che oggi si manifesta soprattutto attraverso la nascita di movimenti e partiti populisti, che annullano ogni riferimento al pensiero critico e ogni necessità di basare la nostra vita sulla conoscenza e sul dialogo fra i popoli. Conoscenza che purtroppo tende ad annullarsi a favore di atteggiamenti di intolleranza e di odio fra le parti. Odio non solo a livello individuale, ma soprattutto collettivo, che si riflette anche nei rapporti fra gli Stati, che tendono a far valere più che il dialogo, quanto la forza e la minaccia. In questo modo si aprono scenari inediti, che credevamo, fino a qualche decennio, di aver dimenticato e di aver superato.  Un processo regressivo, che pone in risalto una generale crisi delle democrazie e lo ricompone in un sistema autoritario delle nazioni, spinte da forze populiste che tendono ad annullare ogni forma di democrazia, a favore di regimi autoritari, sorti a loro volta dalla collera popolare,  che sente sempre più la crisi dei valori, ma soprattutto la crisi economica, dovuta anche a fattori contingenti, come la pandemia. Tutto ciò crea un clima di paura e di violenza, tanto da incidere soprattutto sul sistema economico e sui rapporti fra gli Stati. Per non parlare poi del nostro sistema psicologico, che ne risente a livello psichico e comportamentale. Tutto questo deriva, come afferma il sociologo Edgar Morin, dalla mancanza di un vero e proprio pensiero, in balia di seducenti detrattori della verità oggettiva, che purtroppo determina un clima di tensione sociale e culturale. Tutto questo è una minaccia non solo a livello individuale, quanto una minaccia a tutta l’umanità, che si manifesta, per esempio, sul degrado dell’ambiente, tanto da produrre un vero e proprio dispiegamento tecno-economico animato dal profitto o dalla volontà di potenza degli Stati, soggiogati dal neoliberismo e, quindi, dalla globalizzazione. In altre parole viviamo in una pseuda ricerca di certezze, che ci sta portando solo verso un mondo diventato sempre più difficile e pieno di incertezze nel futuro. Come del resto la pandemia, sorta da un evento di manipolazione dell’esistente, ha creato gravi difficoltà sul piano sanitario, economico e sociale. Problemi e conseguenze che si ripercuoteranno in campo sociale ed economico, tanto da assistere ad una maggiore povertà e disuguaglianza, le quali non recederanno, anzi aumenteranno in maniera esponenziale, con quasi 100 milioni di individui in più in povertà assoluta, seconda la Banca mondiale. Un mondo fatto di rabbia  e dolore, con istinti economici che prevarranno e creeranno maggiori conflitti fra comunità e Stati. Tutto questo sta producendo, afferma E. Morin, “un degrado della qualità della vita, con un degrado delle solidarietà tradizionali, una perdita di senso della comunità, le condizioni di isolamento e chiusura in cui viviamo, o ancora il dominio di un potere economico che distrugge ogni forma di biodiversità in campo agricolo”. C’è bisogno che l’uomo incominci a prendere coscienza di quanto sta avvenendo attraverso una maggiore conoscenza dell’esistente. In questo processo di conoscenza e di pensiero critico un posto di rilevante importanza hanno gli Stati che hanno costruito i loro sistemi democratici attraverso le ultime conquiste sociali e culturali, come per esempio i paesi dell’Unione Europea, tanto da equilibrare le spinte egemoniche degli altri Stati, come la Cina da una parte e l’America dell’altra. Un processo di consapevolezza e di equilibrio che può avvenire solo attraverso il dialogo e l’acquisizione di un nuovo paradigma che è il “bene comune”. E questo in nome e per contro di un destino condiviso, fondato sul presente, ma soprattutto sul futuro, allontanando così, come scrive Ken Follett,  lo spettro di un conflitto armato a livello globale.
    *Società di Storia Patria per la Puglia
 
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